Cosa vuol dire “qualità dell’aria” – Cos’è, cosa non è, cosa ci fa male e come siamo messi in Italia

Filippo Guiducci/ Ottobre 31, 2022/ Clima, Home/ 0 comments

qualità dell'aria

Cos’è la qualità dell’aria: definire a intuito cos’è la “qualità dell’aria”sembra banale: è la misura di quanto l’aria che respiriamo sia buona, o meglio di quanto sia poco dannosa, e per descriverla basterà una scala da “ottima” a “pessima”. Purtroppo, non è così semplice.

Come ogni caso in cui una definizione non è chiara, è sempre meglio rifarsi ai documenti di grandi enti riconosciuti: i dizionari ammessi dall’Accademia della Crusca, i report di associazioni internazionali, gli articoli scientifici, le leggi italiane, le leggi europee. Proprio in queste ultime, semplificando, viene descritto che la qualità dell’aria è la concentrazione nell’aria di sostanze che sono dannose per la nostra salute se respirate in quantità eccessiva. Meno queste sostanze sono presenti, più l’aria è considerata salutare e pulita. E siccome senza misurazione e raccolta dati non c’è consapevolezza di un problema, l’Unione Europea ha lavorato con ogni stato e ha stabilito quali sono queste sostanze dannose, come vadano misurate, ogni quanto, e soprattutto quali siano i livelli entro i quali stare per considerare “pulita” l’aria che respiriamo.

Punti chiave: la “qualità dell’aria” è data dalla concentrazione nell’aria che respiriamo di sostanze dannose per l’essere umano, meno sostanze ci sono meglio si sta. Le sostanze sono note e devono stare sotto limiti prestabiliti.

Cosa non è la qualità dell’aria: le principali sostanze dannose individuate a livello europeo sono cinque, ognuna con una sua origine e una sua concentrazione pericolosa per l’essere umano. Ma prima di definirle, è necessario un chiarimento: l’anidride carbonica, ovvero la famosa CO2, non è tra queste. La CO2 non è considerata un principale inquinante dell’aria perché non direttamente collegata con difficoltà respiratorie: un ambiente chiuso ben areato può arrivare a 1000 ppm (parti per milione, ovvero 1000 molecole di CO2 in un campione di un milione di molecole a caso di quelle che compongono l’aria), e per avvertire i primi effetti come giramenti di testa e nausea servono diverse migliaia di ppm; l’attuale concentrazione media all’aperto è di poco più di 400 ppm, quindi inferiore ad ogni soglia direttamente pericolosa. Il problema legato alla CO2 è indiretto per l’essere umano, ed è l’effetto serra, ovvero l’innalzamento della temperatura media globale generato dalla concentrazione di CO2 (e non solo) nell’atmosfera. Questo cambio di temperature ha un impatto a cascata su tantissime cose: masse d’aria che si spostano in maniera differente, frequenza delle piogge e degli eventi atmosferici estremi, presenza/assenza di specie animali, vita delle colture, resistenza dei materiali di costruzione. Anche il metano (CH4) ha un impatto simile a quello della CO2, più breve ma più intenso. Quando parliamo di inquinamento quindi, è sempre meglio capire se si parla di qualità dell’aria, di effetto serra o di entrambi i fenomeni.

Punti chiave: l’eccessiva quantità di anidride carbonica e metano causa il dannoso effetto serra, ma nelle concentrazioni presenti in atmosfera non ci causano problemi respiratori e per questo non vengono misurate per la qualità dell’aria.

Quali sono le sostanze dannose: le principali sostanze dannose nell’aria sono: particolato (PM2.5 e PM10), ossidi di azoto (NOx), anidride solforosa (SO2), ammoniaca (NH3) e composti organici volatili escluso il metano (NMVOC). Per ognuno di essi vedremo cosa sono, quanto sono dannosi e come siamo messi in Italia. Una menzione aggiuntiva sarà fatta per il monossido di carbonio (CO) e l’ozono (O3).

Particolato (PM10 e PM2.5): è il dato più significativo quando si parla di qualità dell’aria. Il particolato racchiude tutte le particelle sotto una certa larghezza massima. Il PM10 è tutto ciò che è sotto i 10 micrometri (scritti “μm”, 1000μm = 1mm), il PM2.5 tutto ciò che è sotto i 2.5μm. Per scala, un capello umano è largo tra 50 e 70μm. Esempi di particolato sono polveri di ogni genere, polline, sostanze incombuste da caldaie, scarichi delle auto, processi industriali, oltre a reazioni secondarie delle altre quattro sostanze. La quantità di PM10 contiene la quantità di PM2.5, perché questi ultimi sono minori sia di 2.5μm che di 10μm, ma si distinguono perché sono i PM2.5 quelli che causano i danni maggiori agli umani, potendo andare più a fondo nei polmoni e più in giro nel corpo.

Come in molti altri casi, il problema sta nella sovraesposizione. Nel 2019, ultimo anno senza influenza da pandemia, il 97% della popolazione urbana in Unione Europea è stata esposta a livelli troppo alti di PM2.5. L’European Environment Agency (agenzia europea per l’ambiente) stima che nel 2019 più di trecentomila persone sono prematuramente morte nell’UE a causa di malattie respiratorie e cardiovascolari derivanti dall’eccessiva concentrazione di PM2.5 nell’aria. Per comparazione, i decessi per incidenti stradali in UE nello stesso anno sono stati poco più di ventimila.

Per la misurazione della loro concentrazione esistono due diversi livelli di controllo: quello della legge italiana e quello dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, più stringente e alla quale la legge italiana si adeguerà presto. Entrambi stabiliscono un numero massimo di giornate annuali in cui si supera la concentrazione massima ammessa. Per il PM10, dal 1990 al 2019 la concentrazione è molto diminuita in Italia, scendendo del 66% grazie alle stringenti normative applicate, ma nonostante ciò nel 2019 circa il 20% delle stazioni di rilevamento ha registrato superamenti delle soglie di legge. Il limite consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è invece stato superato dal 75% delle stazioni. Nel 2021 tutte le prime 9 città italiane hanno superato i limiti consigliati dall’OMS, con Torino e Milano che hanno superato anche quelli imposti dalla legge. Per il PM2.5 discorso simile: nel 2019 quasi tutte le stazioni sono rimaste nei limiti di legge, ma l’80% ha rilevato superamenti dei limiti consigliati dall’OMS. Anche qui, nel 2021 tutte le prime 9 città italiane hanno superato i limiti dell’OMS.

Punti chiave: il particolato è composto da particelle microscopiche molto dannose per il nostro apparato respiratorio, e nella maggior parte d’Italia vengono superate le soglie di sicurezza stabilite dall’OMS.

Ossidi di azoto (NOx): sono gas che si formano dalla reazione chimica di azoto e ossigeno. C’è una x in fondo alla formula del composto chimico perché i prodotti sono vari, ma i principali sono l’ossido (NO) e il biossido (NO2) di azoto. A temperatura ambiente non reagiscono: l’aria che respiriamo è composta dal 78% di azoto e dal 21% di ossigeno e noi viviamo benissimo; il problema è alle alte temperature, come nelle combustioni (veicoli a combustione interna, caldaie, fino agli accendini). Ci sono limiti di emissione per ogni singola utenza, ma una grande concentrazione di utenze può far superare i limiti considerati sicuri da Unione Europea e Organizzazione Mondiale della Sanità. Nel 2019 in UE, quarantamila morti premature sono state imputabili all’esposizione eccessiva ai NOx, danneggiando principalmente l’apparato respiratorio.Grazie alle nuove tecnologie l’emissione di NOx è calata notevolmente (-71%) dal 1990 al 2019. Nel 2021 tutte le maggiori città italiane erano attorno al limite ammissibile per legge, ma per l’NO2 alcune maggiori città (ad esempio Roma, Milano, Torino, Napoli, Venezia) e molti comuni, sia nel 2019 che nel 2021, hanno superato sia la soglia media annuale che spesso quella massima giornaliera consigliate dall’OMS. La sua concentrazione dipende fortemente dal traffico, sia auto che camion: l’incidenza di questa componente sul totale, che è comprensivo di riscaldamento, produzione di energia, attività industriale, varia dal 30 a più del 60%, e il contributo principale è riconducibile ai veicoli diesel.

Punti chiave: gli NOx sono gas derivanti da combustioni, generati principalmente dal traffico. Nelle maggiori città italiane si supera il limite di sicurezza stabilito dall’OMS.

Anidride solforosa (SO2): è generata dalla combustione di fonti fossili come carbone e petrolio, e da suoi derivati come il gasolio (ma non benzina o metano), che contengono zolfo come impurità. Le principali fonti di emissione sono quindi la produzione di energia, i processi manifatturieri e i veicoli, anche se questa componente è ormai molto più bassa che in passato. E’ pericoloso sia perché è irritante per occhi e apparato respiratorio, sia perché per processi chimici può diventare anidride solforosa, causa primaria delle piogge acide, o può reagire con l’acqua e diventare acido solforico.Dal 1990 al 2018 c’è stato un decremento del 94%, e al momento la stragrande maggioranza delle stazioni italiane segnala di rientrare nei limiti sia di legge che consigliati dall’OMS.

Punti chiave: la SO2 deriva da combustioni di materiali con impurità di zolfo. I limiti imposti sono per la maggior parte rispettati.

Ammoniaca (NH3): è utilizzata e dispersa nell’ambiente principalmente dal settore agricolo. E’ pericolosa sia perché irritante per la pelle, gli occhi e l’apparato respiratorio, che per le reazioni chimiche che genera una volta presente nell’aria: è causa di inquinamento secondario creando particolato, e favorisce un processo di acidificazione, ovvero di modifica dell’equilibrio chimico a sfavore della condizione precedente, e di eutrofizzazione dell’ambiente, cioè di troppa alimentazione per gli organismi vegetali. A differenza degli altri inquinanti menzionati fino ad ora, ci si sta rendendo conto da poco dell’impatto nocivo della sua eccessiva concentrazione nell’aria e delle sue origini. Non esistono veri e propri livelli condivisi di dannosità per l’essere umano, ma la Commissione Europea ha stabilito dei limiti personali per ogni stato (diversi dal 2020 al 2029 e dopo il 2030) per diminuire la concentrazione nell’aria di ammoniaca rispetto al 2005. A livello europeo, il calo di emissioni dal 2000 al 2018 è relativamente basso, intorno al 10%.

Punti chiave: molto inquinamento da ammoniaca arriva dall’agricoltura, e la sua diminuzione negli anni è molto ridotta rispetto agli altri inquinanti.

NMVOC, ozono (O3) e monossido di carbonio (CO): gli NMVOC rappresentano l’insieme dei composti organici volatili, escluso il metano. Sono vari gas come benzene, propano, butano e altri, e derivano da ambiti residenziali, manifatturieri e agricoli. La loro emissione è pericolosa più che altro perché favoriscono la generazione di inquinanti secondari (non emessi direttamente, ma creati da reazioni dei primari), come parte del particolato e l’ozono.

L’ozono (O3) sembra controintuitivo considerarlo un inquinante, visto che per anni si è parlato di come la sua presenza fosse necessaria per schermare i raggi ultravioletti (il famoso “buco nell’ozono”). La differenza sta nell’altezza al quale lo troviamo: quello “utile” è più in alto, dove noi umani non possiamo respirarlo, ma più in basso, a diretto contatto con noi, è nocivo per la salute umana intaccando l’apparato respiratorio. Questo ozono più “terra terra” proviene da reazioni chimiche principalmente tra ossigeno, ossidi di azoto (gli NOx visti prima) e idrocarburi (semplificando, prodotte dall’uso di petrolio e suoi derivati, come i NMVOC visti prima). Nel 2019 il 92% circa delle stazioni dedicate ha rilevato superamenti della soglia giornaliera definita per legge. In più, il 56,2% la ha superata per più di 25 giorni all’anno, e la quasi totalità di tali stazioni si trova nel Nord Italia.Il monossido di carbonio (CO) deriva dalla inefficiente combustione di fonti fossili, quindi principalmente trasporti e riscaldamenti civili (infatti è spesso causa di incidenti domestici). Nel 2019 la quasi totalità delle stazioni dedicati su tutto il territorio italiano non ha rilevato superamenti della soglia giornaliera media stabilita per legge, ma uno studio pubblicato a metà del 2021, considerato il più esteso mai fatto sul collegamento “emissioni CO – mortalità”, suggerisce che valori anche inferiori a quelli attualmente ammessi siano dannosi per l’essere umano, suggerendo implicitamente una revisione delle soglie di pericolo.

Punti chiave: gli NMVOC sono importanti perché creano inquinanti secondari, l’ozono supera praticamente ovunque le soglie definite per legge e il monossido di carbonio potrebbe essere più dannoso di quello che si pensava.


Commento non richiesto: da quello che avete letto, sembra che non si possa più far nulla. Sia nel senso che vivere sta diventando impossibile con tutti questi limiti imposti, sia che ormai tutto è perduto e non ha più senso cambiare. Nessuna delle due cose è vera. Il punto è che da troppo tempo stiamo dando per scontato il fatto di vivere nel mondo migliore e più complesso di sempre. Non è mai successo che una cosa bella durasse per tanto tempo senza manutenzione e senza sacrifici: lo stesso vale per la nostra società. Basta rimboccarsi le maniche e renderci conto che, per vivere sostenibilmente, serve anche sapere quali sono le conseguenze di questa complessità che ci fa vivere così bene.

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