Il film “Io capitano” sarà un problema per il governo Meloni

Filippo Guiducci/ Ottobre 1, 2023/ Film, Home, Politica/ 0 comments

La locandina del film

“Io capitano” è un film del regista Matteo Garrone, incentrato sul viaggio di due ragazzi senegalesi attraverso la rotta migratoria più pericolosa al mondo: quella che parte da molteplici stati africani e sudest-asiatici e “termina” con l’arrivo in Italia. Il film è uscito il 7 Ottobre 2023, tempistica fondamentale per capire il contesto in cui questo film si colloca: in primo luogo, esce a ridosso di una delle estati più problematiche per la gestione del fenomeno migratorio; in secondo luogo, esce in un momento in cui il paese è gestito dal governo più a destra dalla seconda guerra mondiale, governo che ha fatto della lotta all’immigrazione clandestina il suo fiore all’occhiello; infine, esce in una delle finestre più ambite per la candidatura ai più famosi premi cinematografici internazionali come Golden Globe e Oscar, oltre ad essere già stato premiato al Festival di Venezia per la miglior regia.

Lo scontro sul “cosa” è un punto di vista politico: da una parte c’è un governo che fa di tutto per inquadrare il fenomeno della migrazione di esseri umani come un problema di sicurezza, di invasione, di protezione delle persone già presenti in un territorio contro delle persone che in quel territorio desidererebbero entrarci; i motivi di questa migrazione vengono ignorati o semplificati all’osso, e nessuna o poca attenzione viene data alla natura del viaggio, spostandola tutta o quasi sul combattere l’ultima fase, quella dell’arrivo. Dall’altra parte c’è un film che racconta tutto quello che viene ignorato dal governo, basandosi su testimonianze anche dirette, per mostrare un piccolo esempio di perché questo fenomeno esiste, di cosa certe persone attraversano, dei drammi umani di cui si ignorano l’esistenza. Il film in sé non include alcun elemento di retorica sull’accoglienza di migranti, sull’integrazione, su problemi demografici o altre proposte di soluzioni. Ma il solo mostrare cosa esiste prima del momento in cui delle barche piene di esseri umani arrivino a pochi chilometri dalle coste italiane potrebbe bastare per far gridare allo scontro da parte del governo.

Lo scontro sul “quando” è più importante e meno banale. Come detto in precedenza, il momento di uscita del film è concomitante a una delle più problematiche gestioni del fenomeno migratorio degli ultimi anni (per effettiva grandezza del problema o per tipo di soluzione scelta). Ma è la cerimonia di consegna dei premi internazionali che cade vicina ad un’altra importante scadenza: le elezioni politiche europee. Mentre i primi sono solitamente tra Febbraio e Marzo, le seconde saranno a Giugno, facendo sì che le premiazioni cadano nel vivo del lancio della campagna elettorale. Nel caso “Io capitano” facesse parlar bene di sé e arrivasse anche a vincere qualche altro premio (lo vincerà, nda), l’attenzione dell’Europa e del mondo su cosa si dice in Italia sul tema dell’immigrazione crescerà parecchio. E siccome già negli ultimi mesi le argomentazioni dell’Italia nei confronti degli altri stati sono state perlomeno deboli, se non false, una maggiore esposizione farà sì che meno errori siano perdonati. Più giornali internazionali riporterebbero le figuracce di esponenti del governo, i mercati internazionali sarebbero sempre più dubbiosi nell’investire nel nostro paese.

Il punto del problema non sarà che un film combatterà la narrazione del governo italiano sul tema migratorio. Piuttosto, la ribalta internazionale della connessione tra Italia e migrazioni, raggiunta attraverso il successo di un film, farà sì che tutte le contraddizioni e i fallimenti del governo italiano, che ha imperniato la propria retorica sul combattimento di questo fenomeno, verranno a galla a ridosso di una delle tornate elettorali più importanti degli ultimi anni. Il naufragio di Cutro con dinamiche mai chiarite del tutto, i viaggi di Meloni e Von der Leyen in Tunisia che non hanno sortito l’effetto sperato di ridurre gli sbarchi, le fallite contrattazioni per riforme del Trattato di Dublino favorevoli all’Italia, l’accusa di “atto di guerra” all’Italia da nazioni innominate da parte di un vicepremier: gli esempi sono già oggettivi, ma la ribalta internazionale potrebbe dar loro più peso di quanto già non ne abbiano avuto.

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